martedì 21 aprile 2009

Robert Flynt - Interview


Le fotografie di Robert Flynt trasumano ambiguità, quando le vediamo per la prima volta alla mente ci tornano un sacco di altre immagini tratte dal nostro passato e per questo ci sembrano già famigliari. La caratteristica noir ed il significato volontariamente oscuro che le caratterizzano, potrebbero far pensare di trovarsi di fronte a delle vecchie fotografie magiche, trovate in una logora scatola di velluto nero in una polverosa soffitta di una casa abbandonata. Robert combinando immagini di uomini contemporanei con altre che sono riprese ed evocano un passato ed una memoria, offre riferimenti spirituali, esami medici, ipnosi, sessualità, morte, corporalità, dislocazione in un continuo dialogo tra il passato ed il presente, che ci fa sentire parte di tutto questo.

Com’eri da bambino?
Suppongo che dovresti chiederlo a mia madre! Sicuramente ero brillante con un buon comportamento, pieno di riguardo, rispettoso, adorabile e precocemente erudito e spiritoso, ma probabilmente ero anche un miscuglio di tutti quei più fastidiosi, egocentrici ed arroganti vizi. Sono stato fortunato ad essere cresciuto in una famiglia amorevole, che mi ha sempre dimostrato supporto, in un città studentesca del New England con un enorme quantità di attività culturali, una sorta di Urbino americana. Attraversata la strada della casa in cui sono cresciuto c’era un piccolo museo d’arte che ha il più bel Piero della Francesca che si trova fuori dall’Italia. Per favore non avvertire le autorità, non potete averlo indietro!

Quando ti sei accorto di voler usare la fotografia come mezzo espressivo?
Sono sempre stato circondato dalla fotografia, la mia prima macchina l’ho avuta a 6 anni. Mio padre è un fotografo amatoriale di talento mi ricordo che lo aiutavo nella sua camera oscura che si era costruito fin da bambino. Era magico. All’inizio non ho considerato la fotografia come un mezzo “serio”, tanto che sono andato alla scuola d’arte per diventare pittore. Ho continuato ad usare la fotografia, ma non l’ho considerata la mia più importante forma d’espressione fino a quando non mi sono trasferito a New York nel 1980, quando divenni coinvolto nella performance art e nella scena “downtown dance”. E per il fatto che io non abbia mai seguito un singolo corso di fotografia, mi sento ancora un impostore.

Quindi sei sempre voluto diventare un’artista?
Sì. Credo di sì. Mio nonno dipingeva e disegnava tutto il tempo, lo stesso che faceva un mio zio. Sono sempre stato incoraggiato fin dalle elementari.

Come mai la morte sembra avere un tale impatto nelle tue fotografie?
Non credo abbia un impatto così grande, è più sull’idea della presenza e dell’assenza, del ricordo e della perdita. Certamente la morte costituisce una grande parte di tutto questo che diventa sempre più viscerale con gli anni. Inoltre vivere a New York durante il picco della crisi d’emergenza AIDS ha avuto un enorme impatto su di me. Il legame tra sesso e morte era abbastanza viscerale allora. Credo inoltre che quando faccio una foto di una lapide, o di un ritratto in un cimitero, tutto ciò rende ancora più forte il concetto.

Che cosa reputi sensuale ed erotico?
Questa domanda avrebbe bisogno di moltissimo tempo per essere risposta e sarebbe indubbiamente imbarazzante. Credo che sia tutto nel mio immaginario. Guarderei lì.

Col fatto che tu usi la morte e l’erotismo, credi che qualcuno possa fraintenderti; come se tu cercassi di esorcizzare la morte con l’erotismo?
Sono sicuro che la gente fraintenda sempre le mie intenzioni, ma credo che esorcizzare sia la parola sbagliata, forse userei re-interpretare. Un artista non può essere completamente responsabile di tutte le letture che possono essere fatte su una sua opera ed inoltre non credo che si possa esorcizzare la morte con l’erotismo, si può?

Sono sempre stato affascinato dalle vecchie lapidi e tombe, tu che cosa ci trovi d’interessante?
È da poco che m’interesso ai cimiteri nuovi e vecchi. Ciò che m’interessa in questo momento è di come la fotografia è usata in questi luoghi, cosa che non è assolutamente solita negli Stati Uniti, come invece lo è nell’Europa del sud. Sono affascinato dal concetto di una fotografia utilizzata come marchio commemorativo e dal pathos e dalla sentimentalità che ne genera. In un certo senso è simile ma anche differente dall’uso del decoro e della scultura nel cimitero che ha il suo affascinate vocabolario, che noi solitamente vediamo come kitsch. Non so dove tutto questo mi porterà oltre all’uso della fotografia trovata lì, che è già di per se un tema carico.

Quello che mi piace delle tue fotografie è questo sensazione dark che provocano quando le osservo di sesso, morte, forza, ricordo, tradizione, leggerezza era questa la tua intenzione fare provare tutte queste differenti sensazioni alle persone?
Sì! E di più!

Non credo che voi lo abbiate in America ma qui in Italia c’è una vecchia tradizione, non più così usata, che quando una persona muore la famiglia del defunto da come “ricordino” un ritratto della persona deceduta a coloro che la conoscevano. Ricordo che mia nonna ne aveva una scatola piena e non le gettava perchè avrebbe portato male. Credo di avere ancora quella scatola da qualche parte...
No. Noi non l’abbiamo, per lo meno non nella noiosa cultura Protestante in cui sono cresciuto. Sembra una cosa fantastica. Dove le posso trovare? Posso avere le tue?

Mi piace la leggerezza che scaturisce da alcune foto che hai scattato sott’acqua dove nonostante ci sia il silenzio creato dall’acqua, si può percepire comunque una certa tensione, come è nata questa idea?
Mi sono sempre piaciuti i disegni che Robert Longo ha fatto negli anni ‘80 dove le figure sembrano sospese, inoltre sono sempre stato affascinato dall’acqua per la sua mancanza di gravità, per il mistero e la sensualità. Così mi sono fatto prestare una macchina fotografica subacquea da un amico ed ho fotografato dei ballerini in una piscina.

Di solito quanto tempo impieghi a creare uno dei tuoi lavori dal giorno dello shooting alla fine del lavoro di post produzione?
Dipende, il vecchio lavoro che era incentrato prevalentemente sulla camera oscura era più lungo, ma più intuitivo e spontaneo. Scatterei sott’acqua ogni qualvolta ed ogni volta che posso permettermi un’intera piscina ed alcuni ballerini. Ricordo che, dopo aver fatto quegli scatti sott’acqua, ho portato il materiale nella camera oscura ed ho iniziato a lavorarci o forse dovrei dire a giocarci, quindi direi che potrebbe volerci da qualche settimana a qualche mese. Adesso lavorando principalmente in digitale il lavoro è più rapido, a volte bastano pure un paio di settimane. Lavoro incostantemente, posso fare delle foto e non metterci mano per diversi mesi e poi lavorarle fino ad ultimarle. Di solito dico ai miei modelli di non aspettarsi risultati se non entro un anno anche se alla fine di solito il tempo è minore.

Dove trovi la tua inesauribile fonte d’ispirazione?
Vorrei sentirmi sempre inesauribilmente ispirato! Sembra che la mia ispirazione si evolva più che apparire improvvisamente come la luce di un lampo. Il corpo di un lavoro sembra portarmi in un altro, anche se devo dire che sono spesso ispirato dalle performance in particolar modo dal ballo post moderno. Ho collaborato con tantissimi artisti del campo e spesso l’ispirazione e le nuove direzioni che intraprendo derivano da questo.

Mi hai detto che hai studiato Roma, cosa ricordi con piacere di quel periodo?
Ho tanti bei ricordi che continuano a tornarmi in mente e cercano di farmi tornare in Italia ed in particolare a Roma, che in un certo senso è dove ho avuto la mia educazione artistica, avendo avuto il privilegio di studiare nella vostra capitale pittura e stampa per due anni alla fine degli anni settanta. Roma era molto più trasandata, come lo era New York, adoravo camminare a caso in tranquillità ed imbattermi nel Pantheon o Santa Clemente o Villa Giulia, e vedere quel sorprendente lavoro con i miei occhi, e non come i turisti vedono l’Europa in una settimana.

Qual è la cosa di cui preferisci circondarti?
Buoni amici, buon cibo e buon vino. Non necessariamente in quest’ordine.

Avresti paura a camminare di notte da solo in un cimitero?
Dubito, anche se non ho intenzione di andarci di notte, non potrei vedere le fotografie!